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Salute

Vitiligine. Cos’è e come si cura, l’ultima scoperta.

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Fino al 2013 la vitiligine era considerata una malattia autoimmune. Oggi uno studio, in corso di pubblicazione, conferma la scoperta realizzata nel 2013: la vitiligine dipende dall’azione della proteina MIA, responsabile del distacco dei melanociti. Allo studio una terapia che riuscirà a bloccare e contenere la malattia. Sarà verosimilmente possibile ripigmentare tutte le macchie, in tutte le sedi in cui si è manifestata e funzionerà per tutti i pazienti.

Ne parliamo con il dottor Matteo Bordignon, Dermatologo e Dottore di Ricerca (Padova), autore della rivoluzionaria scoperta.

Cos’è la vitiligine?

La vitiligine è un disordine della pigmentazione acquisito e cronico caratterizzato dalla presenza di macchie bianche, spesso simmetriche, che generalmente aumentano di dimensioni nel tempo e corrispondono ad una sostanziale perdita di funzionalità dei melanociti epidermici e talvolta di quelli presenti nei follicoli piliferi. In Italia ne soffre circa 1 milione di persone. Sebbene l’insorgenza della vitiligine possa avvenire a qualsiasi età, la fascia di popolazione più colpita va dai 10 ai 30 anni, con un picco attorno ai 20 anni. La forma di vitiligine più comune, chiamata non-segmentaria, è purtroppo la forma più evidente poiché nella maggioranza dei casi si localizza al volto, mani e piedi, oltre che in altre sedi cutanee quali gomiti, ginocchia e diffusamente nel tronco. Talvolta la vitiligine può colpire anche capelli o peli, con  il conseguente sbiancamento del fusto pilifero coinvolto.

 Che relazione esiste tra gli eventi stressanti e l’insorgere della malattia?

L’origine della malattia è genetica, ma l’insorgenza risente moltissimo dello stress.

La relazione tra eventi ad alto livello di stress e la manifestazione della malattia è molto stretta.

Per le donne può manifestarsi anche a seguito della gravidanza. Lo stress provoca cambiamenti biochimici molto importanti ed è in grado di attivare la produzione della proteina MIA, causa della vitiligine.

Nella sua esperienza riscontra molti casi di vitiligine nei bambini?

Purtroppo ultimamente sto riscontrando un aumento, anche con esordi della malattia in età molto precoce, intorno ai 3/4 anni. Sono casi molto difficili da curare, intanto perché l’estensione è da subito rilevante e soprattutto perchè l’interesse primario deve essere quello di salvaguardare l’organismo in crescita, sono pochi i prodotti che si possono usare in età pediatrica.

Come la sua scoperta ha cambiato il modo di considerare la vitiligine?

La scoperta del ruolo della proteina MIA in relazione alla Vitiligine ha scardinato tutte le convinzioni legate alla patologia. Si credeva fosse una malattia autoimmune, ma non ci si riusciva a spiegare l’assenza dei segni clinici tipici delle malattie autoimmuni, cioè i processi infiammatori. La pelle di chi soffre di vitiligine è strutturalmente sana e si credeva che fosse il sistema immunitario ad aggredire i melanociti, creando così le macchie bianche.

Oggi sappiamo che il meccanismo che spiega tutte le caratteristiche cliniche della vitiligine si basa su un distacco dei melanociti dalla membrana basale ad opera della proteina MIA con il supporto di alcune concause.

I melanociti non vengono pertanto distrutti dal sistema immunitario, ma semplicemente se ne vanno “in silenzio”, grazie all’azione di questa proteina, supportata dal trauma legato alla frizione.

 Quali sono oggi le terapie per la cura della vitiligine?

Ad oggi sono disponibili integratori che hanno proprietà antiossidanti per la cute: sono veramente molto utili. Vi sono sostanze lenitive o ad azione rigenerante che favoriscono la pigmentazione. Anche le creme immunomodulatrici funzionano in quanto in grado di stimolare alcune particolari funzioni dei melanociti. Vi è la fototerapia, vale a dire l’esposizione del corpo ad una fonte di luce ultravioletta, normalmente del tipo UV-B. Esistono poi alcuni trattamenti chirurgici, uno fra tutti il trapianto dei melanociti, ma secondo me, hanno una debolezza sostanziale: sappiamo che il trauma stimola la proteina MIA ad agire, infatti le zone maggiormente colpite dalla vitiligine sono quelle sottoposte a frizione – pensiamo alle mani o alle ascelle – quindi ritengo l’approccio chirurgico concettualmente sbagliato.

Cosa ne pensa delle terapie alternative per la cura della vitiligine?

La vitiligine è una patologia complessa anche nella sua definizione. E’ considerata una malattia cosmetica, questo perché non ha connessione con sintomi o altre patologie sistemiche, non limita l’aspettativa di vita. Certamente però, soprattutto nei casi più gravi, pregiudica la qualità della vita. Ha un impatto psicologico rilevante e spesso ciò induce le persone a provare su loro stesse terapie senza alcun fondamento scientifico; il punto è che a volte può capitare che sembrino efficaci. La vitiligine è una patologia che a volte presenta delle regressioni spontanee, per poi riproporsi nel tempo. Vi sono alcune terapie veramente fantasiose e costituiscono un grande rischio per la salute del paziente. E’ sempre importante utilizzare prodotti con provata efficacia, scientificamente validi.

Per la vitiligine è utile il trattamento precoce?

Come per tutte le malattie croniche progressive, qual è la vitiligine, prima si interviene, prima si riesce a contenerla. Il punto è che ad oggi non abbiamo una terapia che è sicuramente efficace, abbiamo delle opportunità terapeutiche. Nelle fasi precoci l’utilizzo degli antiossidanti è certamente ancora più utile. Più in generale è bene sempre fare qualcosa per contenere l’estensione.

Qual è il futuro prossimo per la terapia della vitiligine e qual è il suo consiglio alle persone che ne soffrono?

Abbiamo approfondito le evidenze del nostro studio pubblicato nel 2013. Adesso conosciamo con certezza la relazione tra proteina MIA e vitiligine. La proteina MIA non ha nessuno inibitore naturale o sintetico e abbiamo dovuto crearlo in laboratorio; l’abbiamo creato e lo stiamo sperimentando.

In un prossimo futuro avremo un farmaco in grado di contrastare e contenere la malattia.

Il mio consiglio a quanti soffrono di vitiligine è di non sospendere le cure, di contenerla e di affidarsi a medici competenti che possano proporre soluzioni salvaguardando sempre la salute generale e il benessere della pelle.

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43 Comments

43 Comments

  1. Silvia Paulikova

    15 Aprile 2016 at 17:04

    Spero che presto verrà fuori un farmaco in grado di ripigmentare le zone del corpo colpite da vitiligine….soffro di questa malattia da più di 20 anni…e dopo vari tentativi di curarla…ho smesso ed ho deciso di conviverci. …aspetto speranzosa…

  2. paola Falzetti

    30 Maggio 2016 at 0:18

    È una Bella notizia!!! Per noi che soffriamo di questa malattia! Sperando che presto arriva la cura!!

  3. Stefano

    18 Luglio 2016 at 10:37

    Quanto ci vorrà indicativamente per avere a disposizione la crema/farmaco per curare la patologia?

    • Raffaella

      18 Luglio 2016 at 16:47

      buon pomeriggio Stefano, non so dirle esattamente. Il professore durante l’intervista ci ha assicurato di essere alle battute finali. Noi stiamo seguendo la vicenda. Ne daremo notizia appena possibile. A presto

  4. luigi

    23 Luglio 2016 at 11:58

    La situazione diventa sempre più impossibile da gestire. Siamo tanti, molti a soffrire di questa patologia, soprattutto giovani con inevitabili ripercussioni psicologiche.
    Che tempi di attesa ci sono, occorre essere più chiari al fine di tranquillizzarci, anche se ci fosse da attendere molto, sarebbe utile proporre frequenti aggiornamenti e notizie circa l’evolversi della ricerca, tutto ciò ci renderebbe l’attesa meno pesante.

    • Raffaella

      24 Luglio 2016 at 11:50

      Caro Luigi, approfondiremo l’opportunità con il professore di offrire aggiornamenti frequenti. Grazie per il suo spunto di riflessione

    • Stefano

      6 Agosto 2016 at 15:30

      Grazie, vi seguirò.

  5. Sandra

    24 Luglio 2016 at 17:03

    Mi piacerebbe molto crederci ma dopo tanti anni di prove costosissime e fallimentari mi sento spiazzata. A novembre ero a Pavia mi ricordo benissimo del dottore che parlava di nuova cura della proteina mia spero tanto che diventi realtà

  6. Stefania

    8 Agosto 2016 at 17:59

    Buonasera io ho scritto settimana scorsa al ministro della salute segnalando la scoperta del professor Bordignon. Facciamoci sentire in tanti .. La mia principessa ne soffre e farò di tutto per tirarla fuori. Vi seguirò e contatterò il professore. Un caro saluto a tutti Stefania mamma di una principessa ?

  7. francesca coletti

    10 Agosto 2016 at 12:57

    Questa scoperta si ricollega a quella della d.ssa Le Poole? Se così fosse, siamo fiduciosi perché comincia davvero a muoversi qualcosa. Sono la mamma di un piccolo principe malato di vitiligine e concordo con L altra mamma: facciamoci sentire, siamo tanti!! In bocca al lupo a tutti i ricercatori e grazie in anticipo per tutto quello che riusciranno a fare. Francesca

  8. Roberto

    15 Agosto 2016 at 18:47

    Soffro di vitiligine da 25 anni , all.inizio ho provato di tutto poi mi sono deciso ad affrontare il problema con l’accettazione .E un duro lavoro psicologico ma il più efficace. Poi la VITILIGINE è sempre più conosciuta e le maggiorparte selle persone sanno quello che hai. Mi era successo quando stavo bene e non sapevo cosa fosse la VITILIGINE di trovarmi ad una cena con una signora piena di macchie ricordo ancora benissimo l’impressione che mi fece .Non sapendo cosa fosse pensavo anche a qualcosa di contaggioso e difidavo salutarla con la mano. Ora che ne sono affetto anch’io ,beffa del destino ,mi rendo conto come mi vedono gli altri ,quelli che non sanno. Credo che sia importante anche l’informazione affinche possiamo esere – piu accettati. Mi auguro che ci siano sviluppi piu veloci sulla proteina MIA .Ed eventualmente come si fa ad esserne informati??

    • Raffaella

      16 Agosto 2016 at 19:53

      Gentile Roberto, stiamo seguendo la vicenda e presto scriveremo un nuovo articolo. Grazie per il suo commento, sicuramente molto utile per molti. A presto

      • Sandra

        22 Agosto 2016 at 11:39

        Buongiorno a tutti voi come vi capisco lavoro alle casse di un supermercato molti quando devo darle il resto ritraggono le mani che duro colpo x me.

  9. Laura rossi

    26 Agosto 2016 at 16:32

    Buongiorno, mio figlio soffre di vitiliggine da 10 anni , ora ne ha venticinque. Gioca a calcio e spesso ha piccoli traumi o escoriazioni,possono peggiorare la sua situazione ?

  10. Lucio

    27 Agosto 2016 at 14:00

    Soffro Di vitiligo a 35 anni

  11. mizio

    3 Settembre 2016 at 14:56

    Ciao. Convivo con la vitiligine da oltre 30 anni quindi potete immaginare quanti esperti ho potuto conoscere direi quasi tutti ma appena ho letto la ricerca del Dr. Bordignon qualcosa mi si è accesa dentro .Approccio completamente differente … .Speriamo solo che i test possano portare ad una rapida e positiva evoluzione e che sia applicabile anche a chi ne è affetto da molto.

    • daniela

      6 Settembre 2016 at 16:40

      Ciao. Ho la vitiligine da quasi 20 anni, ho tentato di tutto, dalla fototerapia ai farmaci vari, 3 anni fa sono stata a Padova perché avevo letto l’articolo relativo alla scoperta del dott Bordignon il quale mi ha detto che bisognava attendere qualche anno per avere la cura definitiva. Auguriamoci che ciò avvenga al più presto!

  12. Pasquale

    5 Gennaio 2018 at 9:36

    Buongiorno io uso la chellina e compresse Anaribes plus usando questi prodotti il 60/per cento le macchie sono scomparse ovviamente questo lo fatto in estate,e un po che mi sono fermato con la cura ma le macchie mi sono di nuovo comparse dove si sono tolte e di più al viso sono aumentatè mi chiamo pasquale o 43 anni le macchie mi sono uscitè a 43 vi prego di aiutarmi non c’è la faccio più. Vi chiedo la gentilezza di fornirmi un nome di compresse che me la possa bloccare non dico che me la tolga ma per lo meno me la blocca in modo che le macchie non continuano ad uscire vi chiedo la gentilezza di darmi un nome di compresse sempre se esistono che non me la fa uscire più.che sia un dottore o qualche paziente che soffre la mia stessa situazione aspetto vostre risposte grazie e buona giornata

  13. Anna

    2 Febbraio 2018 at 6:59

    Ciao ne soffro da diversi anni il mio corpo è pieno di macchie anche sul viso mi rifiuto di andare al mare, a livello psicologico sono distrutta trovate una cura ho provato di tutto ma niente di efficace

  14. MORO Orazio

    18 Marzo 2018 at 4:46

    Orazio
    Ne soffro da 35 anni.
    Ci sono novità?

    • Develop_01

      19 Marzo 2018 at 10:35

      Gentile Orazio, siamo in contatto con il professore. Speriamo presto di poter dare tutte le novità. Un caro abbraccio

  15. oraazi irene

    19 Aprile 2018 at 14:08

    si puo’ fare proponendosi da cavie per la sperimentazione io sarei disponibile.
    complimenti ai ricercatori. Come possiamo aggiornarci

    • Develop_01

      20 Luglio 2018 at 20:18

      gentile irene, presto avremo notizie

  16. amalia

    30 Aprile 2018 at 11:22

    Buongiorno, ne soffro da più di trent’anni!!! Oggi ho visto in un programma in tv che al s. raffaele fanno delle cure particolari senza uso di farmaci ma non risolutive. Se ne parla generalmente poco di questa malattia, che per me lo è. Ho fatto varie cure a base di vitamine varie o creme preparate da farmacie note, NIENTE!!! Io che amo da morire il mare ed il sole, mi ritrovo a non espormi più di tanto se non con protezioni totali soprattutto sul viso. Da qualche anno le chiazze stanno comparendo sotto le ascelle, nella parte interna delle braccia, sul viso, sui piedi e si allargano alla velocita della luce!!! Spero che gli studi condotti dal dott. Bordignon possano servire a donare a tutte le persone che soffrono di questa malattia la gioia di vivere una vita “normale”, senza più essere osservati con ribrezzo dalla gente che s’incontra sulla propria strada!!!

  17. Mario

    2 Giugno 2018 at 8:27

    Le prime macchie a 20 anni ora ne ho 77; penso possiate capire dopo averle provate tutte.
    La soluzione migliore ritengo sia quella di fregarsene. Ormai tutti conoscono la malattia e direi che tutti non ci fanno caso. Ho avuto periodi di rallentamenti e poi ripresa.
    Speriamo sia la volta buona. In ogni caso fregatevene

  18. Mara

    1 Luglio 2018 at 17:17

    Spero tanto si trovi la cura sono stanca di sentirmi commentare il mio stato soffro molto

  19. Cosima Andriani

    3 Agosto 2018 at 20:32

    Ho la vitiligine da tre anni in seguito un forte stress mi hanno detto nonostante le varie visite e cure fatte sta progredendo molto velocemente… causando mi disagio e depressione soprattutto un estate cosa posso fare ? grazie

  20. NICOLA

    10 Agosto 2018 at 13:16

    Con la vitiligine si può andare al mare ed esporsi al sole?

  21. Francesco

    20 Agosto 2018 at 18:28

    Buonasera

    mio figlio ha la forma di vitiligine ormai molto conosciuta nelle mani e precisamente nelle dita delle mani dalle unghia in su per circa 3 cm di superficie per dito

    Cosa mi consigliate di fare?

    Lui pensa che con la fototerapia potrebbe scomparire, una persona di mia conoscenza aveva questo problema in varie parti del corpo (è un rappresentate) che ti tanto in tanto mi viene a trovare in azienda dove lavoro io, ma mi sono accorto che adesso non ha più nulla.
    Io per delicatezza non gli ho chiesto come mai tutto è scomparso, ma immagino che avrà fatto la cura con la fototerapia.

    Mi sapreste dare un consiglio come intervenire, considerate che a mio figlio circa quattro anni fa ha avuto il diabete adesso ha 32 anni, mentre la vitiligine gli è comparasa alle mani e precisamente nelle dita circa 2 anni fà
    Grazie

  22. Cinzia Reibaldi

    30 Agosto 2018 at 22:32

    Ho la vitiligine da circa 17 anni ho fatto caso che andare al .mare non mi fa bene le chiazze che ho Stanno diventando più grandi sono disperata diventerò un mostro

  23. luigi perruzza

    12 Settembre 2018 at 7:26

    buongiorno, quando sara disponibile il farmaco che state sperimentando?

  24. Francesco

    13 Settembre 2018 at 23:15

    tre anni fa mi sono apparse le prime piccole macchioline sulle mani e sulla faccia, ho contattato un dermatologo , che mi ha prescritto una crema ” cromovit ” ma dopo tre mesi di cura , non ho avuto alcun risultato. Ho cercato altri dermatologi, ma mi hanno detto che non c’ era niente da fare, al che mi sono dovuto rassegnare. Oggi dopo tre anni le macchie si sono estese su gran parte del volto e su tutti e due le mani. Che speranza ho di guarire o almeno di bloccare la malattia?

  25. Angelo Liguori

    15 Settembre 2018 at 19:12

    quando potrà applicarsi alle persone? Sono disponibile per sperimentazione

  26. Cinzia Reibaldi

    20 Settembre 2018 at 23:14

    Ho la vitiligine e da questa estate sono stata al mare ho notato che mi stanno venendo altre macchie ancora non ho capito se il sole fa male o bene non so che mostrò diventerò anche sr non sono più giovanissima per me è deprimente speriamo che non Vado in depressione

  27. Patrizio

    23 Settembre 2018 at 0:33

    Buon giorno mi chiamo Gonzato Patrizio e sono stato 1 di quelli che alle età di 10 anni a cominciato vedere andare via la pimmentszione oggi ne o 55 anni e sono o tutto bianco, posso sperare forse di ritornare con un lievi colore alla mia pelle, grazie

  28. Patrizia

    26 Settembre 2018 at 20:11

    Grazie …… speriamo …… non tanto per me ( la mia è poca ed ormai accettata nel tempo …… ) ma so cosa significa esserne affetti ……

  29. Ivana.baruzzo

    7 Ottobre 2018 at 21:05

    Questa proteina Mia in cosa consiste??e già in commercio o va iniettata una spiegazione sarebbe utile e anche gli integratori mi sembrano un palliativo vi prego rispondere per il momento integratori la mia pelle sempre uguale anzi grazie

  30. DOMENICA

    6 Novembre 2018 at 13:22

    VOLEVO CAPIRE SE C’è LA CURA E I FARMACI DI QUESTA PROTEINA . e prendere un appuntamento con il dottore.

    • Develop_01

      14 Novembre 2018 at 23:00

      buonasera Domenica, abbiamo intervistato il dottore nuovamente e ha indicato alcuni rimedi. On line puoi trovare tutti i riferimenti del dottore. Un abbraccio

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Salute

Buoni propositi 2021. Sfrutta l’effetto nuovo inizio. Le 3 regole per un reale cambiamento.

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«Da gennaio cambio vita». È davvero possibile?

Scopri come far sì che i buoni propositi per il 2021 si trasformino in una trasformazione reale, per partire davvero con spirito nuovo.

 Il passaggio dell’anno porta con sé la nozione di svolta. Immaginiamo i mesi a venire come tante pagine bianche, tutte opportunità da scrivere. È inevitabile e non si tratta solo di convenzione. In psicologia si chiama “effetto nuovo inizio”, è la spinta motivazionale al cambiamento che ci investe nei momenti di cesura e di passaggio, così universale e tangibile da essere sfruttata molto anche nei processi decisionali legati all’acquisto. Ecco anche perché nei primi giorni di gennaio fioriscono gli sconti e offerte imperdibili sugli abbonamenti annuali.

Il nuovo inizio induce effettivamente una sorta di reset mentale e attiva una spinta innovatrice, utile per riprogrammare mete e obiettivi. Si intraprendono diete ferree, ci si iscrive a corsi di formazione, si anticipa la sveglia per rendere la giornata più produttiva. Si parte alla carica, con entusiasmo e energie fresche e rinnovate. Allora perché la maggior parte delle grandi risoluzioni viene abbandonata nel giro di qualche settimana?

Siamo davvero pronti a ricominciare?

Attribuiamo a date precise il potere di scandire il fluire del tempo e di separare il passato dal presente e dal futuro. Queste cesure temporali ci danno anche la sensazione di delimitare varie fasi della vita e della nostra identità, separando ciò che stiamo stati da quel che siamo e che potremmo diventare. Si ha la sensazione che, da quel momento in poi, tutto potrà essere diverso. Si sono commessi degli errori? Può essere, ma questi non contano più, se ora c’è la possibilità di ricominciare da capo.

Non solo l’inizio dell’anno, ma anche un cambio di stagione, il primo del mese, il lunedì e perfino l’alba possono darci l’energia adatta per un cambiamento. Più questi riferimenti temporali sono riconosciuti a livello collettivo o significativi per l’individuo (per es. l’anniversario di un lutto o della fine di una relazione), maggiore è la loro presa su di noi. Quest’anno immaginiamo un desiderio collettivo di chiudere con il 2020 molto intenso e allora non sciupiamo l’occasione per realizzare un cambiamento che ci porti ad essere più felici.

 

Ecco le 3 regole per non perdere l’effetto del nuovo inizio.

No ai gesti impulsivi: serve strategia

L’effetto nuovo inizio, tuttavia, dopo un po’ sfuma. La spinta iniziale e il desiderio, da soli, non bastano. Ed ecco spiegato il fallimento di tanti progetti di inizio anno. Per concretizzarli, il segreto è far sì che mettano radici nella nostra motivazione e nella routine, altrimenti li accantoneremo senza neanche accorgercene.

Prima di iniziare, proviamo quindi a chiederci che significato ha per noi il raggiungimento di un obiettivo e perché lo riteniamo importante. Quali conseguenze potrebbe avere la sua realizzazione? Quali le implicazioni, positive o negative, per noi e per chi ci circonda? E soprattutto, siamo davvero disposti ad accogliere gli effetti di quel cambiamento?

Spostiamo poi la riflessione su un piano pratico. Quali sono gli step per raggiungere l’obiettivo? Come pensiamo di inserirlo, concretamente nella nostra vita? Che costi avrà in termini di tempo, impegno e denaro?
Scriviamo le risposte su un taccuino, registriamole in una nota vocale indirizzata a noi stessi oppure parliamone con un amico.

Questo ci aiuterà a introiettare l’idea, a renderla un po’ più nostra, ma anche a selezionare gli obiettivi che davvero fanno per noi, scremando ciò di cui non ci importa realmente e che finiremmo per lasciar perdere nel giro di poco. E, al contempo, a essere preparati agli ostacoli e alle difficoltà che, inevitabilmente, si incontreranno.

A piccoli step, verso la meta.          

Invece di progettare una ristrutturazione drastica e completa dell’esistenza, che può rivelarsi irrealistica e difficilmente sostenibile, è utile focalizzarsi su un’area alla volta e procedere per piccoli step, suddividendo un obiettivo impegnativo in blocchi di sotto-obiettivi più facili da conseguire a breve termine.
Anziché prefiggersi di perdere 10 chili, cominciare con 2. Non imporsi un allenamento quotidiano: iniziare una volta a settimana.

Se l’obiettivo è troppo ambizioso e vago, con il passare dei giorni sarà sempre più difficile mantenere viva la motivazione necessaria a compiere i sacrifici che servono a portarlo avanti. Tenderemo a procrastinare, saremo presi dall’ansia e desisteremo più facilmente.

Obiettivi minori e sostenibili, invece, risultano più gratificanti, alimentano l’autostima e ci mantengono motivati. E sono anche più strategici: una volta raggiunti, prefiggersi un ulteriore passo in avanti nell’ambito di una routine già avviata (perdere altri 2 kg, allenarsi mezz’ora in più alla settimana, ecc.) costerà meno sforzi e ci avvicinerà alla meta finale.

Fare spazio al nuovo                        

Per favorire un nuovo inizio, è utile alleggerire la mente e la vita quotidiana da ciò che, con il tempo, è diventato zavorra. Passiamo in rassegna la casa, l’armadio, il computer, la casella delle mail e il cellulare. Eliminiamo gli oggetti, i vestiti, i documenti non più utili e attuali. Non stiamo solo riordinando, ma compiendo un’operazione di rinnovamento, per fare spazio a tutto ciò che potrà arricchirci nei mesi a venire. Facciamo spazio al nuovo anche nei comportamenti: individuiamo quei gesti, quelle azioni disfunzionali che ci portano ad ottenere inevitabilmente sempre gli stessi risultati che ci fanno soffrire. Anche in questo caso vale la regola del piccolo passo. Piccoli passi amorevoli per noi stessi. Non guardiamo la montagna che ci sembra di dover scalare per riuscire a risolvere i nostri problemi esistenziali; iniziamo con un piccolo passo, una piccola buona abitudine e una volta consolidata portiamo nel nostro quotidiano altre novità. Pensiamo ad aggiungere più che a sottrarre. Buone abitudini ridurranno di conseguenza quelle che non ci fanno bene.

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Salute

La telemedicina: il paziente al centro della rivoluzione digitale

Le nuove tecnologie digitali applicate alla medicina, negli ultimi anni, hanno portato molti progressi soprattutto nella gestione e nel monitoraggio delle patologie più complesse, sia per gli specialisti che per i pazienti stessi.

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Le nuove tecnologie digitali applicate alla medicina, negli ultimi anni, hanno portato molti progressi soprattutto nella gestione e nel monitoraggio delle patologie più complesse, sia per gli specialisti che per i pazienti stessi.

Quando parliamo di telemedicina, non ci riferiamo semplicemente ad una serie di visite attraverso lo strumento virtuale o a delle consulenze mediche da remoto, ma a progetti di vera e propria assistenza territoriale al paziente, per coniugare cura e domicilio e favorire il rapporto assistenziale ospedale-territorio-paziente.

I vantaggi dell’assistenza ai malati cronici e rari

Le patologie più complesse, croniche, sia rare che non, hanno un alto tasso di comorbilità e richiedono più specialisti che interagiscano con il paziente nonché fra loro, con un impegno notevole da parte del paziente stesso, così come dei caregivers che se ne prendono cura, per sostenere visite spesso anche lontano dal proprio domicilio, per i costi, e talvolta anche per integrare le varie consulenze ed informazioni ricevute.

I primi progetti ospedalieri di telemedicina, sono stati realizzati proprio per sopperire a tutte queste criticità, e nello stesso tempo per migliorare anche la tempestività dei ricoveri, soprattutto in situazioni di emergenza.

Da diversi anni è emersa la necessità di apportare un cambiamento nel supporto ai pazienti più a rischio, cercando di influenzarne positivamente la qualità della vita e la gestione della malattia, e la pandemia ha evidenziato quanta differenza possa fare l’ avvalersi  delle tecnologie digitali, nel monitorare coloro che sono più a rischio.

L’uso di app per smartphone e per dispositivi mobili, attraverso le quali inserire i valori dei parametri da monitorare e comunicarli in tempo reale all’equipe di riferimento, programmi di teleconsulto, che consentono la condivisione e la valutazione in contemporanea della situazione clinica, da parte di più specialisti, programmi che consentono la valutazione di sindromi genetiche, sulla base di caratteristiche morfologiche, questi sono solo alcuni dei progetti e degli strumenti a cui si lavora da qualche anno.

Telemedicina e malattie cardiovascolari

I pazienti considerati a rischio di malattie cardiovascolari, ipertesi, così come diverse persone  con un principio di sindrome metabolica, sono stati tra i primi ad usufruire di progetti pilota di telemedicina, con il controllo attivo da parte degli ambulatori di riferimento, soprattutto per la gestione della terapia e per valutare il rapporto aderenza terapeutica – benefici. Questi percorsi sono stati di grande utilità per migliorare anche la prevenzione, per comunicare con il paziente sui possibili dubbi, effetti collaterali, e sull’impatto dello stile di vita nell’acuirsi del rischio. La possibilità di monitorare la frequenza cardiaca attraverso delle app per dispositivi mobili è ormai una realtà, così come per la pressione arteriosa, il che consente a molti pazienti cardiopatici, ipertesi, e con fattori di rischio importanti (obesità, diabete, dislipidemie) di autogestirsi quotidianamente e nel contempo ricevere supporto dagli specialisti, ad esempio quando l’aderenza terapeutica non è costante ed è necessario intervenire.

La medicina digitale e il paziente al centro

Uno degli obiettivi che si pone la telemedicina, non è ridurre il rapporto medico paziente ad un monitor o ad un messaggio, ma al contrario è quello di mettere la persona al centro, il paziente al centro, ed intorno costruire una rete fatta di servizi, che non solo siano in grado di assisterlo nella malattia ma anche garantire quella qualità di vita, che spesso una patologia complessa fa perdere.

La teleassistenza vuol favorire sempre di più l’home care, perché il paziente possa spostarsi da casa solo quando necessario, evitando rischi che molte persone fragili corrono, nonché uno stress fisico e mentale non indifferente. Pensiamo ad esempio a persone molto anziane, ai soggetti immunodepressi, con patologia autoimmune, trapiantati d’organo, o a coloro che si sottopongono a terapie oncologiche, possono trovare un grande beneficio dalla teleassistenza, specie nel monitoraggio quotidiano, poiché nello stesso tempo il medico di riferimento può controllare qualsiasi cambiamento in tempo reale e comunicare con il paziente, che si sente costantemente seguito, anche quando non si reca di persona nella struttura. È importante sottolineare come la costruzione della rete di servizi di e-health ed in presenza possa comprendere anche tutta quella parte burocratica di piani terapeutici, richiesta di farmaci e di servizi assistenziali, che spesso diventa macchinosa e complicata.

Dalla neurologia al supporto psicologico

Uno dei campi in cui la telemedicina sta trovando applicazione, con successo, è la neurologia, e molto interessante è un articolo riportato  dal British Medical Journal pubblicato su Practical Neurology, dove vengono tracciate le linee guida per i neurologi, su come gestire i pazienti in teleassistenza, e sull’importanza di fare in modo che il paziente o il familiare/caregiver sia dotato di un adeguato strumento digitale, con schermo e telecamera e di una connessione internet. Oltre all’anamnesi familiare e a tutta la parte legata alla storia del paziente, attraverso la televisita è possibile valutare eventuali difficoltà nel linguaggio, nel movimento e nella coordinazione ( si può chiedere di alzarsi e sedersi, camminare, fare movimenti a richiesta), e nell’attenzione. Tutto questo lavoro preliminare avvantaggia molto la futura diagnosi, con guadagno di tempo e per chi non ha la possibilità di recarsi facilmente ad una visita in presenza, non sostituendosi alla medicina ambulatoriale ed ospedaliera ma integrandosi con essa e rendendola fruibile a più persone possibili.

Le potenzialità della medicina digitale si prestano bene ai servizi di supporto psicologico, che sono sempre più richiesti, dagli adolescenti alle problematiche postpartum, alla consulenza familiare fino all’impatto delle altre malattie nella propria vita. Potrebbe sembrare un modo asettico per affrontare la psicoterapia, e invece ha molti risvolti positivi, soprattutto quando si ha difficoltà ad integrarla con altri impegni, per molti l’utilizzo di uno strumento virtuale può essere anche un modo per superare eventuali paure, imbarazzi nell’affrontare la richiesta di aiuto, e lì dove mancano, sul territorio, servizi ambulatoriali  di supporto psicologico, questo può essere un sistema concreto per supportare più persone ed interagire con altri specialisti per costruire percorsi adeguati.

La medicina del presente e del futuro ha bisogno della tecnologia digitale, per offrire al paziente, al centro di tutto, i migliori percorsi di cura, capaci di offrire diagnosi rapide, terapie adeguate, qualità di vita e rapporto medico-paziente, al quale niente mai potrà sostituirsi.

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Salute

Alimentazione e fibromialgia: ecco le regole d’oro

L’alimentazione, per il paziente fibromialgico, è importante perché alcuni cibi contengono nutrienti che possiedono la capacità di modulare la risposta al dolore, alla fatica e anche l’efficienza cognitiva.

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L’alimentazione, per il paziente fibromialgico, è importante perché alcuni cibi contengono nutrienti che possiedono la capacità di modulare la risposta al dolore, alla fatica e anche l’efficienza cognitiva.

In attesa di trovare una terapia valida ed efficace in grado di aiutare tutti i pazienti che soffrono di fibromialgia, è importante che, chi ne soffre, riesca a mitigare i sintomi del disturbo in modo da migliorare la propria qualità della vita.

Un aspetto importante, non unico ma comunque centrale, è quello relativo all’alimentazione, poiché la letteratura scientifica sta evidenziando una correlazione stretta tra il consumo di alcune tipologie di alimenti e il peggioramento delle condizioni cliniche del paziente. Vale dunque la pena approfondire il discorso e lo possiamo fare con un esperto: si tratta del dottor Daniele Buttitta, medico e nutrizionista che ha svolto attività di consulenza al tavolo tecnico regionale (per la regione Sicilia) sul trattamento della fibromialgia.

Dottore, cominciamo subito con la domanda più importante: la modifica di alcune abitudini alimentari può essere di giovamento al paziente fibromialgico?

Entro una certa misura sì, e lo dico tanto in base alla la mia esperienza, quanto confortato dalla letteratura scientifica che si sta producendo in merito, da alcuni anni a questa parte.

Ciò detto dobbiamo sempre tenere conto del fatto che la fibromialgia è una patologia complessa e che richiede uno sforzo multidisciplinare, per offrire i risultati migliori.

I trattamenti monospecialistici non hanno dato, a oggi, risultati ottimali e pertanto preferirei che i pazienti che soffrono di questa patologia avessero ben presente che un approccio nutrizionale alla malattia deve essere considerato parte di un percorso, ma non certo tutto il tragitto.

Qual è l’importanza della corretta nutrizione, per un paziente affetto da fibromialgia?

La correzione di alcune abitudini e l’educazione a una nutrizione più adatta alle caratteristiche del fibromialgico ha dimostrato di poter facilitare il recupero di una buona qualità della vita.

Per prima cosa ritengo molto importante cercare di recuperare la regolarità intestinale, ripristinando quindi una corretta composizione della flora e migliorando l’efficienza delle mucose. Un intestino che funziona bene, infatti, consente di elaborare e assorbire meglio i nutrienti contenuti nel cibo, così da evitare carenze e diminuire i disturbi di tipo enterico che spesso affliggono i pazienti affetti da fibromialgia. In questo modo migliora la resistenza alla fatica, diminuisce la sensibilità al dolore, migliora la qualità del sonno e con esso anche la prontezza cognitiva.

Come si recupera una buona funzione intestinale?

Le ricerche indicano che alcuni alimenti peggiorano la funzione stessa.

Tra questi cito in primo luogo gli zuccheri semplici e le farine raffinate, che andrebbero eliminate totalmente. Dopodiché, almeno in una prima fase, io preferisco eliminare latte e latticini. Una terza categoria alimentare, che va eliminata dalla dieta del fibromialgico sono le solanacee e quindi i peperoni, i pomodori, le melanzane e le patate. Un discorso a parte va fatto per il mais.

Che discorso?

Anche se i pazienti fibromialgici non sono celiaci in senso stretto, si è notato che una riduzione del glutine, nella loro dieta, porta benefici.

Tuttavia, in tale sostituzione, si tende ad abusare di prodotti derivati dal mais che, nonostante non contengano glutine, non sono comunque ideali per il paziente fibromialgico (probabilmente per la sensibilità alle fumonisine, funghi microscopici che possono produrre specifiche tossine in grado di esacerbare i sintomi della FM.) Pertanto io suggerisco l’eliminazione del mais e dei suoi derivati, e incoraggio invece il consumo di farine alternative quali grano saraceno, farine di riso, miglio, quinoa eccetera.

Quali sono gli effetti di queste limitazioni, per i pazienti fibromialgici?

L’idea è che servano a preparare il terreno biologico, in modo da rendere più efficaci le terapie proposte da altri specialisti.

L’aspetto della preparazione del terreno biologico è importante, poiché dobbiamo pensare che spesso questi pazienti arrivano a una diagnosi dopo molti anni di nomadismo medico e dopo avere assunto farmaci e integratori di ogni genere. Si rende allora necessario, prima ancora di ogni altro intervento, correggere il metabolismo del paziente, in modo da restituirgli la capacità di rispettare i ritmi circadiani e, con essi, ri-imparare ad assecondare le necessità nutrizionali mano a mano che muta, nella giornata, l’assetto ormonale.

Purtroppo non è possibile definire una sorta di regime alimentare standard valido per tutti i pazienti fibromialgici, ma le indicazioni sulle limitazioni sono in genere comuni. A proposito: il rispetto del metabolismo richiede anche l’abolizione dei tonici, di cui spesso ed erroneamente molti fibromialgici fanno uso nel tentativo di “darsi una carica”. Dunque caffè, cioccolata e tè nero sarebbero da evitare.

Posto che non possiamo indicare un regime alimentare universalmente valido, possiamo almeno dare alcuni suggerimenti di massima su che cosa si può mangiare?

Direi che il suggerimento migliore è quello di avere varietà alimentare, privilegiando il più possibile cibi freschi, per avere una maggiore ricchezza di vitamine e minerali.

Ci vogliono quindi le proteine, meglio se vegetali, i grassi (con un regolare consumo di olio di oliva a crudo e avendo cura di assumere anche acidi grassi essenziali tipo omega 3 e 6 nelle giuste proporzioni, attraverso pesce di acque fredde e frutta secca) e, per ciò che riguarda gli zuccheri, si devono scegliere carboidrati complessi, in modo da poter contare su una produzione costante di energia, senza sbalzi glicemici. Importante è anche l’idratazione: l’acqua è il solvente fondamentale per ogni processo biochimico che avviene nel corpo umano e dunque bere acqua, regolarmente, è indispensabile.

Come si pone a proposito degli integratori?

Vanno eventualmente prescritti caso per caso e non prima di avere fatto delle analisi opportune per evidenziare eventuali carenze. È possibile che, in caso di intestino infiammato, ci siano delle carenze date da malassorbimento che potrebbero richiedere un aiuto in forma di integrazione. Comunque sia mi preme sottolineare come la sostanza che probabilmente risulta essere più necessaria, per via di una generale carenza diffusa anche nella popolazione non fibromialgica, è quella di vitamina D (per avere una panoramica sulla vitamina D e il suo ruolo nell’organismo, clicca qui).

La vitamina D, infatti, che tutti conosciamo per la sua azione sulle ossa, è in realtà in grado di intervenire in oltre 2000 processi di attivazione dei geni e, dunque, una sua carenza può avere conseguenze metaboliche importanti. Che possono senz’altro peggiorare il quadro del paziente fibromialgico.

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